Agosto 2013

Agosto 2013

giovedì 6 maggio 2010

Un vecchio amico


Ieri rovistando in uno scatolone, mi sono ritrovato un oggetto che potremmo definire “cult”, è stato il mio primo cardiofrequenzimetro, il mitico POLAR sport tester PE 300. Risale alla seconda metà degli anni ’80, ed introduceva il concetto delle target zone per definire i range di allenamento. Oggi tutti hanno il cardio, ma ricordo che quando lo acquistai nei primi anni 90, era davvero una cosa pionieristica. Da allora ho perso il conto di quanti ne ho usati e cambiati! L’ho simbolicamente messo vicino al moderno Powercontrol SRM VI, che invece rappresenta l’ultimo strumento in fatto di tecnologia in mio possesso per monitorare le pedalate.
Il rapporto che ho sviluppato con tali oggetti (senza entrare in disquisizioni circa la differenza tra un cardio e un misuratore di potenza, non è questo il senso del mio post) è particolare. Se non me lo ritrovo sul manubrio, non mi sembra la mia bici, mi sento strano, è come se fosse una pedalata “al buio”, (anche se in realtà ho sviluppato ormai una sensibilità a livello di sensazioni che potrei farne tranquillamente a meno), ma poi durante le uscite non lo seguo quasi mai, salvo eccezioni. Lo seguo e con attenzione invece, durante le sedute con esercizi specifici, e nelle gare estreme, (quelle per intenderci da 8ore di durata), che richiedono una saggia e adeguata distribuzione e gestione dello sforzo; ma nelle uscite di gruppo domenicali, o nella gare veloci di questo periodo, non lo seguo mai, anche se naturalmente ogni tanto lo guardo.
Quello che invece faccio sempre, è poi scaricare i dati a posteriori sul PC, per vedere come si è sviluppata l’uscita, e per fare tutte le considerazioni ed analisi del caso. E poi perché giocherellando sul grafico, è come se la pedalata della mattina simbolicamente continuasse, regalando l’illusione di essere di nuovo in sella…

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